MATERIALE PER ESAME CLASSI TERZE

Cari studenti,

nella colonna a fianco trovate alcuni materiali che potranno risultare utili per la preparazione all'esame. Buon lavoro!

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CAPACITA' COORDINATIVE

 

CAPACITÀ DI ORGANIZZAZIONE, CONTROLLO E DI MODULAZIONE DEI MOVIMENTI

 CAPACITÀ GENERALI

  • Capacità di apprendimento motorio.
  • Capacità di controllo motorio.
  • Capacità di adattamento ed eventuale modifica dei movimenti.

CAPACITÀ SPECIALI

  • Capacità di Equilibrio
  • Capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti
  • Destrezza fine
  • Capacità di Reazione motoria
  • Capacità di Orientamento
  • Capacità di Anticipazione
  • Fantasia Motoria
  • Capacità di differenziazione spazio/temporale
  • Capacità di differenziazione dinamica (modulazione della forza )
  • Capacità ritmiche

CAPACITA’ DI ACCOPPIAMENTO E COMBINAZIONE DEI MOVIMENTI

Definizione: capacità che consente di integrare efficacemente in un’unica struttura motoria movimenti parziali e segmentari (es. movimenti delle braccia alternati a movimenti delle gambe su piani diversi)

Tipologia (esempio): azione di rincorsa, battuta, stacco e schiacciata nella pallavolo.

CAPACITA’ RITMICHE

Sono le capacità che permettono di organizzare i movimenti in maniera che l'azione risulti il più fluida ed armoniosa possibile; ciò è dato da un corretto dosaggio di tempi ed intensità di ciascun movimento.

Progressione: percezione del ritmo>conduzione di un ritmo>lasciarsi condurre dal ritmo

CAPACITA’ DI REAZIONE MOTORIA

Permette di reagire a stimoli (verbali, tattili, visivi e uditivi), eseguendo come risposta azioni motorie adeguate, dipende dalla capacità di percezione dell’atleta.

Tali reazioni motorie si possono distinguere in:

  • SEMPLICI (in risposta ad un segnale già noto improvviso, per esempio in partenza di una gara di corsa veloce in atletica);
  • COMPLESSE (in relazione a segnali poco noti, situazioni di gioco nel tennis, ma anche in altri tantissimi altri sport, in generale in tutti i giochi sportivi).

Classificazione delle capacità motorie in questo breve video e qui le fasi di sviluppo dell'apprendimento motorio.

GLI SCHEMI MOTORI DI BASE

Obiettivo dell’educazione motoria è lo  sviluppo del comportamento motorio, ossia la capacità di compiere movimenti o assumere posture.

Il movimento è strutturato in schemi motori di base e schemi posturali.

Sono definiti "di base" in quanto compaiono per primi nello sviluppo dell’individuo, rappresentando il presupposto per il successivo sviluppo della motricità e diventare patrimonio originario dell’adulto. Gli schemi motori di base sono dati dal camminare, lanciare, arrampicarsi, ecc. e si collocano nelle tre dimensioni dello spazio e nel tempo.

Gli schemi posturali possono essere dinamici o statici (se una parte del corpo resta ferma ed una si muove), tipici esempi sono flettere, piegare circondurre ecc.

Entrambi (schemi motori e posturali) si evolvono secondo stadi successivi.

Gli schemi motori di base sono le unità elementari di movimento che tu devi apprendere e tramite le quali puoi appropriarti di tutto il bagaglio motorio, fondamentale per la vita di relazione.

Per capire meglio guarda questi brevi video: schemi motori 1   schemi motori 2  schemi motori 3

 

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le abilita' motorie

  Con il termine “abilità motorie” si definiscono "tutte quelle azioni che, attraverso la ripetizione del gesto, sono state apprese e consolidate e che ricorrono in modo automatizzato, cioè si realizzano senza l’intervento consapevole dell’attenzione". Le abilità motorie rappresentano dunque il risultato finale di un processo di apprendimento.

 

   Alcune caratteristiche delle attività motorie:

·       Le abilità motorie si sviluppano a seguito delle esperienze effettuate e al progressivo affinamento della precisione e della coordinazione dei movimenti.

·       Tanto maggiore è il numero delle esperienze motorie già vissute, tanto maggiore sarà la capacità di costruirne delle nuove e più evolute.

·       Esiste una stretta interdipendenza tra l’apprendimento delle abilità e lo sviluppo delle capacità coordinative.

·       Lo sviluppo delle attività motorie risulta particolarmente efficace in alcuni periodi del processo di crescita, in particolare vi è una fase sensibile (5/6 anni - 11/12 anni) che è fondamentale per la coordinazione dei movimenti.

·       L’apprendimento motorio si realizza tramite la ripetizione di movimenti in condizioni stereotipate (ripetere 50 volte il palleggio a terra) o in condizioni di plasticità (sperimentare diverse modalità di palleggio, in condizioni continuamente variate per tipo di palla, finalità del gesto, spazio, interazione con altri soggetti.). Quest’ultimo tipo di apprendimento consente una vasta gamma di utilizzi delle abilità acquisite e rappresenta la base indispensabile per successivi apprendimenti.

·      Il processo di apprendimento motorio si realizza, come per l’apprendimento cognitivo, in relazione alla capacità di percezione, elaborazione e interpretazione degli stimoli, all’influenza dei fattori motivazionali, alle caratteristiche del feedback.

 

   Il mancato sviluppo della abilità motorie e delle capacità coordinative nel periodo compreso tra i 6 e i 12 anni, è ritenuto una perdita difficilmente colmabile in età successiva.

 

   L’educazione motoria deve quindi rappresentare un obiettivo irrinunciabile della scuola primaria nella consapevolezza che corpo e mente sono due aspetti inscindibili della persona e che una crescita armonica si realizza solo attraverso lo sviluppo integrato delle due dimensioni.

 

   Le abilità motorie possono essere sviluppate facendo sperimentare agli allievi il maggior numero di esperienze motorie, in condizioni variabili in relazione all’utilizzo del corpo, degli attrezzi, dello spazio, con un approccio metodologico che stimoli la capacità di osservazione, di autovalutazione e verifica dei risultati.

 

   Si proporranno quindi attività, individuali e di gruppo, che richiedono la messa in gioco, in modo divertente, di una mappa di abilità quanto più possibile ampia e diversificata per favorirne l’acquisizione ed il progressivo potenziamento. Per una migliore efficacia tali attività dovranno essere svolte, in palestra o all’aperto, con cadenza giornaliera.

  

   Sono funzionali all’obiettivo circuiti o percorsi con l’utilizzo di piccoli attrezzi.


ASSI, PIANI E LEVE

Il piano frontale è dato dall’incontro dell’asse longitudinale con quello trasversale. Divide il corpo in una parte anteriore e una posteriore.

 

Il piano sagittale è dato dall’incontro dell’asse sagittale con quello mediano. Divide il corpo in parte destra e sinistra.

 

Il piano trasversale è formato dall’incontro dell’asse trasversale con quella sagittale. Divide il corpo in una parte superiore e una inferiore


Per approfondire guarda questo breve video.


ALLA RICERCA DELLE LEVE NEL CORPO UMANO

Poiché le ossa del nostro corpo sono aste rigide sulle quali agiscono i muscoli, puoi andare alla ricerca delle leve anche nel corpo umano. Le leve sono macchine semplici, formate da un'asta rigida libera di ruotare intorno a un punto fisso, capaci di risparmiare all'uomo molta fatica, anche se nel caso del nostro corpo non tutte le leve sono vantaggiose. In ogni leva si riconoscono tre elementi fondamentali e cioè: il fulcro che è il punto fisso intorno a cui ruota l'asta, la resistenza, che è la forza da vincere, e la potenza che è la forza applicata.

LEVA DI 1° GENERE

Può essere vantaggiosa o svantaggiosa a seconda della posizione del fulcro. 

Nei movimenti in avanti e indietro (il movimento, per esempio, con cui diciamo «sì») la testa si comporta come una leva di 1° genere. Il fulcro si trova sulla colonna vertebrale, nel punto in cui essa si articola con il cranio; la potenza è data dai muscoli che si inseriscono nell'osso occipitale; la resistenza è costituita dal peso della testa. Questa però è una leva svantaggiosa: per mantenere la testa eretta, dato che il braccio della potenza è più corto di quello della resistenza, è necessario che il muscolo fornisca una forza maggiore di quella del peso del capo.

 

LEVA DI 2° GENERE

Una seconda leva è quella che ci consente di camminare. Il piede lavora esattamente come una leva di 2° genere, con il fulcro sulla punta e la potenza nel calcagno, dove si inseriscono i muscoli della gamba. Questa leva è sempre vantaggiosa per cui, con uno sforzo relativamente piccolo riusciamo a sollevare tutto il peso del corpo, che è la resistenza da vincere.

 

LEVA DI 3° GENERE

Nel movimento con cui il braccio solleva un oggetto, esso si comporta come una leva di 3° genere. In essa l'articolazione del gomito rappresenta il fulcro; i muscoli che si inseriscono nell'avambraccio la potenza; il peso dell'avambraccio e della mano, oltre a quello dell'oggetto da sollevare, la resistenza. È una leva svantaggiosa: infatti, nel sostenere un oggetto anche poco pesante col gomito piegato, si avverte subito una certa fatica muscolare. 


Vuoi approfondire lo studio delle leve? clicca qui


MOVIMENTI RIFLESSI, AUTOMATICI E VOLONTARI

Prima di iniziare il prossimo argomento che riguarda lo studio dei movimenti, guarda questo video che spiega come funziona il sistema nervoso umano...

 

Possiamo distinguere tre tipi di movimento corrispondenti a tre livelli di controllo.

 

I movimenti riflessi che si hanno quando qualcosa ci punge, ci scotta o ci urta o quando ci appare qualcosa di improvviso e reagiamo istintivamente senza che ce ne rendiamo conto.

I movimenti di questo tipo, che sono rapidi ma piuttosto semplici e grezzi, sfuggono dunque al controllo della coscienza la quale non fa altro che constatare gli effetti di ciò che è già avvenuto.

Il controllo di questo tipo di coordinazione avviene a livello sub encefalico (midollo spinale) e ha il vantaggio di essere estremamente rapido (arco riflesso) proprio perché ai riflessi è deputata una certa parte della difesa immediata dell'organismo.

La rapidità del riflesso è dovuta al fatto che l'impulso nervoso sensitivo non sale sino al cervello ma scatena subito una serie di impulsi nervosi motori (diretti cioè ai muscoli) che determinano, senza elaborazione alcuna, il movimento.

I riflessi non sono movimenti appresi ma sono già inscritti geneticamente nel sistema nervoso della persona.

 

I movimenti automatici, detti anche automatismi, sono quei movimenti che una volta appresi hanno bisogno di uno scarso controllo da parte della coscienza per continuare ad essere eseguiti.

Scrivere, usare le posate, allacciarsi le scarpe, andare in bicicletta sono tutti gesti complessi che richiedono una notevole coordinazione (basta vedere le difficoltà che hanno i bambini nell'apprendimento di questi movimenti) ma che normalmente un adulto compie con una certa facilità liberando la coscienza dal controllo minuto, dedicando la sua attenzione ad altro.

Lo sport è fatto principalmente di automatismi: il palleggiare del basket, il salto fosbury dell'atletica, il tiro nel calcio, la schiacciata nella pallavolo, una piroetta nella ginnastica artistica, un passo nella danza o un esercizio dell'aerobica sono tutti automatismi.

Al pari del numero di vocaboli che si sanno per una lingua straniera, più automatismi una persona possiede, più essa disporrà di un bagaglio motorio vasto che gli permetterà di avere una maggior destrezza.

 

I movimenti volontari sono quei movimenti che necessitano di un controllo stretto dell'esecuzione del gesto, controllo necessario o perché occorre una precisione fine elevatissima o perché la situazione è completamente nuova.

Sono dunque i movimenti che si compiono in situazione di apprendimento come quando abbiamo imparato per la prima volta a sciare o ad andare in bicicletta.

Altri esempi di situazioni di apprendimento che un adulto può incontrare sono: imparare un nuovo passo di danza o pattinare su ghiaccio.

Il controllo volontario crea le condizioni per l'apprendimento di nuovi automatismi una volta che si sono innescati quei meccanismi neuronali di facilitazione del passaggio di impulsi nervosi nel cervello.

Prima di diventare automatico un movimento deve infatti essere seguito, con notevole sforzo di attenzione e concentrazione, dalla coscienza che utilizza tutti i dati sensitivi possibili per verificare l'esecuzione del gesto che dapprima sarà grezzo e impreciso e con l'esercizio diverrà sempre più conforme al modello che si vuole eseguire.

È solo dopo una certa mole di esercizio che il movimento si trasforma via via in movimento automatico lasciando alla coscienza il solo compito di verificare il raggiungimento del risultato esterno finale.


Se vuoi saperne di più sui movimenti riflessi guarda  qui

Se vuoi capire meglio come funziona il nostro modo di imparare i movimenti clicca qui


IL DOPING

Definizione:

"Il doping è l'uso o abuso di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell'atleta. II ricorso al doping è un'infrazione sia all'etica dello sport, sia a quella della scienza medica. "

I regolamenti sportivi vietano il doping, regolamentando strettamente le tipologie e le dosi dei farmaci consentiti e prescrivono l'obbligo di sottoporsi a controlli anti-doping per tutti gli atleti (analisi delle urine e del sangue). Gli atleti che risultano non negativi alle analisi vengono squalificati per un periodo più o meno lungo; nei casi di recidiva si può arrivare alla squalifica a vita.

 

Origine del termine:

Il termine doping deriva dall'inglese to dope (somministrare sostanze stupefacenti, drogare). Sono diverse le possibili origini della parola “doping”. Una di queste è “dop”, bevanda alcolica ottenuta dalle bucce degli acini d'uva, usata come stimolante nelle danze cerimoniali dei guerrieri Zulu (Sud Africa) nel XVIII secolo per migliorare la propria forza nelle battaglie. Un'altra è che il termine derivi dalla parola olandese “doop” (una salsa densa) che entrò nello slang americano per descrivere come i rapinatori drogassero le proprie vittime mescolando tabacco e semi del Datura Stramonium, conosciuto come stramonio, che contiene una quantità di tropo- alcaloidi, causando sedazione, allucinazioni e smarrimento. In seguito il termine passò ad essere utilizzato anche nelle corse di cavalli (agli animali veniva somministrata una miscela di oppio, tabacco e narcotici).

 

Breve storia:

Già in epoca Greca, gli atleti, pur di vincere, si affidavano a diete ricche di carne, a pozioni ricavate dai funghi o, ancora, ad unguenti e semi di sesamo. Per non parlare poi dei gladiatori dell’antica Roma che, prima dei combattimenti, tracannavano una “bevanda preparata con una miscela composta dal sudore dei colleghi risultati vincitori negli incontri del giorno precedente e dalla sabbia del campo da gioco che aveva accolto il sangue dei vinti”. Il primo caso acclarato di doping fu quello di Thomas Hicks, vittorioso nella maratona olimpica del 1904 a Saint Louis, aiutato da un uovo crudo, brandy e iniezioni di stricnina. Nel 1928 la IAAF (Federazione internazionale dell'atletica leggera) fu la prima federazione internazionale a controllare il doping (in particolare, l'uso di stimolanti). Intanto il problema si aggravò per l'invenzione, negli anni '30 degli ormoni sintetici, in uso dagli anni '50 con finalità illecite. Il ciclista danese Knud Enemark Jensen alle Olimpiadi di Roma del 1960 fu probabilmente il primo caso di decesso a causa di sostanze dopanti (l'autopsia rivelò tracce di anfetamine). Nel 1966 UCI (federazione internazionale del ciclismo) e FIFA (federazione calcistica internazionale) furono le capofila nell'introduzione di test anti-doping nelle loro competizioni. L'anno successivo il CIO (comitato olimpico internazionale) istituì la Commissione medica e stilò la prima lista di sostanze proibite. I test anti-doping fecero la loro comparsa nel 1968 ai Giochi olimpici (invernali, Grenoble; estivi, Città del Messico). Il CIO ha istituito nel 1999 un'apposita agenzia che si occupa di lotta al doping, la WADA (World Anti-Doping Agency). Stime recenti indicano un giro d'affari solo in Italia di circa 500 milioni di euro. Nell'ordinamento giudiziario italiano e di molti altri paesi, l'assunzione di sostanze dopanti costituisce reato penale.



Classificazione:

Le sostanze dopanti possono essere classificate a seconda della categoria a cui appartengono:

· Stimolanti (anfetamine, cocaina, caffeina, stricnina etc.);

· Narcotici (codeina, metadone, morfina etc.);

· Steroidi anabolizzanti (testosterone etc.);

· Betabloccanti (atenolo, propanolo, acebutolo etc.);

· Diuretici (furosemide, bumetanide, torasemide etc.).

In maniera analoga, si possono classificare tre tipi di assunzione:

· Periodo pre-gara (per aumentare masse muscolari e forza fisica; uso di steroidi),

· Durante le gare (per ridurre la fatica, stimolare il sistema nervoso, ridurre l'ansia; uso di anfetamine, tranquillanti, betabloccanti),

· Durante le gare (per aumentare il trasporto di ossigeno nel sangue; uso di autotrasfusioni, EPO)

· Periodo post-gara (per riacquistare il più velocemente possibile l'energia).


Ecco alcuni approfondimenti sul doping: video   Ecco lo spot realizzato dalla UISP: video


ERITROPOIETINA (EPO)

L'eritropoietina, nota ai più con la sigla EPO, è un ormone che regola la produzione di globuli rossi (eritropoiesi). Viene sintetizzata soprattutto dalle cellule del rene e in piccola parte dal fegato che diviene il principale produttore solo durante la vita fetale. L'utilizzo dell'eritropoietina in campo medico permette di curare alcuni tipi di anemie, come quella dovuta ad insufficienza renale cronica.

Quali sono le sue funzioni?

Dopo essere stata immessa in circolo l'eritropoietina interagisce con specifici recettori presenti nel midollo osseo; in particolare il legame eritropoietina-recettore innesca una serie di processi che portano alla formazione di nuovi globuli rossi. Gli eritrociti sono le cellule più numerose del sangue: circa 4-6 milioni per millimetro cubo. Sono privi di nucleo per lasciare più spazio all'emoglobina, una proteina in grado di fissare e trasportare l'ossigeno alle cellule, caricandosi una parte dell'anidride carbonica ed eliminandola nei polmoni. Nel nostro corpo non esistono riserve di eritropoietina e la sua sintesi varia in relazione alle richieste metaboliche. In particolare la produzione di EPO viene regolata dalla presenza di ossigeno nei tessuti e in minima parte dalla sua concentrazione nel siero. Se i tessuti non ricevono abbastanza ossigeno i reni aumentano la secrezione di eritropoietina e viceversa.

Perché gli atleti ne fanno uso?

Una maggior concentrazione di globuli rossi nel sangue migliora il trasporto di ossigeno ai tessuti. L'eritropoietina viene quindi impiegata soprattutto negli sport di durata per favorire i processi aerobici cellulari e garantire una maggiore resistenza alla fatica. 

EPO e doping: pericoli ed effetti collaterali

Come è noto i globuli rossi (GR) trasportano l'ossigeno ai tessuti e negli sport di resistenza, ad esempio ciclismo, sci di fondo ecc., le richieste di ossigeno sono molto elevate. Da tempo, pertanto, sono state indagate metodiche per aumentare la produzione dei globuli rossi in modo da migliorare la performance sportiva. La più recente strategia è basata sul ruolo stimolatorio dell'eritropoietina sulla sintesi di globuli rossi da parte del midollo osseo. L'eritropoietina di origine esogena (sintetica) è molto più dannosa per la salute rispetto a quella endogena secreta dal rene. Abbiamo già visto come la somministrazione di questa sostanza provochi la produzione di globuli rossi anomali ed aumenti il rischio di sviluppare patologie ematiche e tumorali (leucemie). Esiste tuttavia anche un altro motivo per cui l'eritropoietina sintetica è molto pericolosa per la salute dell'atleta: l'aumento dei globuli rossi diminuisce infatti la fluidità del sangue, aumentando la parte solida o corpuscolare (ematocrito). Questo aumento di viscosità causa un innalzamento della pressione arteriosa (ipertensione) e facilita la formazione di trombi che, una volta formatisi, possono occludere i vasi sanguigni (trombosi). Tale rischio aumenta notevolmente in caso di disidratazione, come avviene solitamente nelle gare di durata. Tra gli effetti collaterali più gravi di questa sostanza rientrano anche aritmie cardiache, morte improvvisa e danni cerebrali (ictus).

Se vuoi sapere quali sono stati i casi di doping più importanti nella storia dello sport clicca qui e qui

altro breve video sul doping nello sport   video sul doping di Stato in Germania Est degli anni Settanta.

Ecco infine qui una videolezione riassuntiva sul doping nello sport.


LA STORIA DELLE OLIMPIADI

   I primi giochi olimpici si svolsero nel 776 a.C. ad Olimpia, in Grecia. All'inizio era essenzialmente una manifestazione locale e veniva disputata unicamente un'antica gara di corsa. Successivamente si aggiunsero altri sport e i Giochi arrivarono a comprendere corsa, pugilato, lotta e pentathlon. Da quel momento in poi, i Giochi divennero lentamente sempre più importanti in tutta la Grecia antica, raggiungendo l'apice nel VI secolo a.C. e nel V secolo a.C. Le Olimpiadi avevano anche un'importanza religiosa, in quanto si svolgevano in onore di Zeus, una statua del quale si trovava ad Olimpia. Il numero di gare crebbe a venti, e le celebrazioni si estendevano su più giorni. I vincitori delle gare erano ammirati e immortalati. I Giochi si tenevano ogni quattro anni e il periodo della celebrazione divenne noto come Olimpiade. Per tutta la durata dei giochi (cinque giorni) venivano sospese le guerre in tutta la Grecia: questa era chiamata tregua olimpica. I greci usavano le Olimpiadi anche come metodo per contare gli anni. 

   I Giochi olimpici dell’era moderna sono un evento sportivo quadriennale che prevede la competizione tra i migliori atleti del mondo in quasi tutte le discipline sportive praticate nei cinque continenti.

Essi, pur essendo comunemente chiamati anche Olimpiadi, non sono da confondere con l'Olimpiade: quest'ultima indica l'intervallo di tempo di quattro anni che intercorre tra un'edizione dei Giochi olimpici e la successiva. Per questo, anche se i Giochi del 1916, del 1940 e 1944 non sono stati disputati, si è continuato a conteggiare le Olimpiadi, cosicché i Giochi di Rio de Janeiro 2016 sono stati quelli della trentunesima edizione.

   Il nome Giochi olimpici è stato scelto per ricordare gli antichi Giochi olimpici che si svolgevano nella Grecia antica presso la città di Olimpia, nei quali si confrontavano i migliori atleti greci. Il barone Pierre de Coubertin alla fine del XIX secolo ebbe l'idea di organizzare dei giochi simili a quelli dell'antica Grecia, e quindi preclusi al sesso femminile, ma su questo punto non venne ascoltato. Le prime Olimpiadi dell'era moderna si svolsero ad Atene nel 1896. A partire dal 1924, vennero istituiti anche dei Giochi Olimpici specifici per gli sport invernali. In più, esistono anche le Paralimpiadi, competizioni fra persone disabili.

A partire dal 1994 l'edizione invernale non si tiene più nello stesso anno dell'edizione estiva, ma sfasata di due anni.

 

   La bandiera olimpica, uno dei simboli più riconosciuti al mondo, raffigura cinque anelli intrecciati in campo bianco, che simboleggiano i cinque continenti. I colori scelti sono presenti nelle bandiere di tutte le nazioni, quindi la loro combinazione simboleggia tutti i Paesi, mentre l'intreccio degli anelli rappresenta l'universalità dello spirito olimpico.


Dilettanti e professionisti

   Secondo De Coubertin gli atleti non dovevano gareggiare per denaro, e quindi fu deciso di non ammettere i professionisti ai Giochi Olimpici.

Nella storia delle Olimpiadi moderne questa regola ha generato diverse controversie.

   Ai Giochi della I Olimpiade di Atene l'iscrizione di Carlo Airoldi, maratoneta italiano che si era recato nella capitale greca a piedi impiegando 28 giorni, non venne accettata perché Airoldi fu ritenuto dalla giuria un atleta "professionista" in quanto aveva ricevuto una cifra aggiratesi fra le 2000 e le 2.500 pesetas come premio ad una competizione di qualche anno prima.

   Ai Giochi della V Olimpiade,  Jim Thorpe vinse la medaglia d'oro nel pentathlon e nel decathlon, ma venne poi squalificato perché si scoprì che in precedenza aveva giocato a baseball a livello semi-professionistico. Le medaglie gli furono restituite dal CIO solo nel 1983.

   In un'altra occasione, alle Olimpiadi invernali del 1936, gli sciatori svizzeri e austriaci boicottarono i Giochi per protesta contro l'esclusione dei maestri di sci dalle gare, ritenuti professionisti perché guadagnavano denaro dallo sci.

   Con il tempo molti si resero conto che la distinzione tra dilettanti e professionisti non aveva più molto senso. Per esempio, molti atleti dei paesi dell'Europa orientale erano ufficialmente dipendenti statali (fenomeno dell'Atleta di stato), ma in realtà erano stipendiati per allenarsi quotidianamente, quindi erano dilettanti di nome, ma non di fatto. Ciò nonostante, il CIO continuò ancora per anni a sostenere nominalmente lo sport dilettantistico.

   Negli anni ottanta le regole sul dilettantismo vennero allentate, e praticamente eliminate negli anni novanta. Questo permise, tra l'altro, agli USA di schierare per la prima volta alle Olimpiadi di Barcellona 1992 una squadra di pallacanestro costituita dai migliori giocatori del campionato professionistico americano, il cosiddetto "Dream Team" ("la squadra dei sogni").

   L'unica disciplina olimpica in cui non sono stati ammessi professionisti è la boxe, prima dell'olimpiade di Rio 2016, dove hanno potuto partecipare a seguito della decisione dell'AIBA di ammetterli in gara.

   Per quanto riguarda il calcio, altro sport dove il professionismo è molto diffuso, nella versione maschile l'unico vincolo riguarda l'età: per ogni squadra sono ammessi al massimo 3 "fuoriquota" che abbiano superato i 23 anni e non c'è obbligo di convocarli. 

    Rimangono comunque in vigore norme molto restrittive sulla pubblicità, almeno sui campi di gara, anche se ci sono molti "sponsor ufficiali olimpici". Sulle divise degli atleti può comparire solo il marchio della ditta produttrice, e anche questo non deve comunque superare delle dimensioni stabilite.


Berlino 1936

Sfarzo e 'superiorità' ariana.

Queste le principali caratteristiche dell'aria che si respirò a Berlino nell'estate del 1936, sede dei Giochi Olimpici di quell'anno.

Il nazismo stava prendendo piede in tutta Europa, ma nonostante i plurimi tentativi di boicottaggio le Olimpiadi del '36 furono un vero e proprio successo: 4 milioni di biglietti venduti e l'ennesima consacrazione di una manifestazione in continua espansione.

La storia di Jesse Owens e la prima medaglia d'oro nel calcio per l'Italia, in mezzo tanta Germania: questa fu Berlino 1936.

 

Dopo la brillante edizione americana di Los Angeles nel 1932, i giochi olimpici tornarono nel vecchio continente.

Furono ben 11 le città candidate ad ospitare le olimpiadi del 1936 (tra le quali spiccava anche Roma), questo a testimonianza della grande considerazione che i giochi avevano acquisito nel tempo.

Il Cio prese la sua decisione nel 1931: la scelta ricadde sulla Germania e su Berlino, che ottenne il permesso di organizzare la manifestazione a distanza di 20 anni dalla prima assegnazione (quella del 1916, poi annullata a causa della Guerra).

La decisione presa dal Comitato olimpico fu una delle più contestate della storia: la Germania era nel pieno del periodo nazista e quando Hitler venne nominato Cancelliere, molte furono le richieste di spostare i Giochi altrove; il CIO non ne volle però sapere e i le olimpiadi del 1936 vennero confermate nella capitale tedesca.

   

   Il comitato organizzatore tedesco, si riunì per la prima volta nel gennaio del 1933 (poco dopo Adolf Hilter venne chiamato a presiedere il governo).

Inizialmente il Fuhrer non fu molto entusiasta e decise di non dare troppa importanza ad un evento che lui stesso definì come una rassegna di ebrei.

A fargli cambiare idea però fu il suo braccio destro e Ministro del Reich per l’istruzione e la propaganda Joseph Goebbels, che comprese a pieno la rilevanza sociale e internazionale delle Olimpiadi.

Gobbels intuì che i Giochi potevano essere l'occasione per mostrare a tutto il mondo la potenza germanica e la superiorità degli atleti di razza ariana.

Questo tipo di ragionamento colpì a fondo Hitler, che infatti cambiò completamente idea sull'importanza della manifestazione.

Il governo infatti non badò a spese: lo stadio olimpico di Berlino venne costruito con materiali pregiatissimi e con forme classiche di memoria greco-romana; la piscina venne ampliata e il nuovo Villaggio Olimpico messo a disposizione degli atleti fu assolutamente di primo livello.

Ma Hitler non voleva certo tralasciare i risultati sportivi, per cui la squadra tedesca venne preparata scrupolosamente e per mesi addirittura nella Foresta Nera, dove ne uscì in grande spolvero dopo allenamenti durissimi.       

 

   Ovviamente le proteste ai Giochi Hitleriani di certo non mancarono: la comunità internazionale osservò attentamente l’agire del Partito Nazionalsocialista, che già 4 anni prima aveva avuto modo di farsi conoscere denominando le olimpiadi di Los Angeles, sulle pagine del loro giornale ufficiale, come “Un infame festival dominato dagli ebrei”.

Il mondo iniziò a parlare di Nazi-Olympics e le associazioni sportive insorsero.

L’AAU (American Athletic Union) qualche mese promosse un'iniziativa che aveva come scopo invitare atleti e allenatori a boicottare le olimpiadi qualora fossero state ravvisate forme di discriminazione.

Negli Stati Uniti si formò un movimento per il boicottaggio delle Olimpiadi di Berlino 1936, che ottenne anche il consenso del presidente Roosvelt in persona.

Il presidente americano decise di inviare una 'spia' in Germania per verificare quale fosse la reale la situazione, ma la scelta della persona fu clamorosamente sbagliata.

A partire per l'Europa fu infatti Avery Brundage (futuro presidente del Cio), uno con tendenze ultraconservatrici e razziste.

Il suo rapporto fu ovviamente positivo e così gli Stati Uniti decisero di prendere parte alle olimpiadi berlinesi.

Anche Hitler decise comunque di correggere il tiro e 'ridipingersi' un po': nonostante infatti fossero già in vigore le leggi antiebraiche, nello squadrone tedesco vennero inseriti 21 atleti di origine ebrea *(ne gareggeranno solo due), così da poter tenere a bada critiche e associazioni antirazziste.

*Vedere qui approfondimento sulla storia di Gretel Bergmann   

 

In ogni caso proteste e boicottaggi non furono sufficienti a far sospendere i giochi: così, in un trionfo di svastiche il 1° agosto 1936 ebbe inizio l'XI edizione dei Giochi Olimpici, con il mezzofondista tedesco Erik Schilgen che accese con la fiaccola giunta per mano di 3000 tedofori da Atene, il braciere olimpico.

(vedi qui un bel filmato d'epoca con la cerimonia di apertura)

I Paesi partecipanti furono 49 per un totale di 3834 atleti (3506 uomini, 328 donne); fra le novità più rilevanti ricordiamo il il ritorno del calcio e l'ingresso della pallacanestro.

Come da pronostico a dominare i Giochi in lungo e in largo furono i padroni di casa.

Il successo dei tedeschi fu agevolato sia dal "dilettantismo di Stato", che consentì agli atleti di prepararsi a tempo pieno senza nessun tipo di preoccupazione economica (lo Stato curò ogni singolo aspetto della vita di ogni atleta), sia dall'introduzione di alcune nuove specialità, come ad esempio la canoa o il kayak, discipline poco praticate negli altri paesi.

Alla fine furono addirittura 89 le medaglie portate a casa dalla Germania (33 d'oro, 26 d'argento e 30 di bronzo); privati del primo posto, sul secondo gradino dell'immaginario podio del medagliere ci finirono gli Stati Uniti, spodestati per la prima volta da Londra 1908.

Nonostante le sole 16 medaglie complessive l'Ungheria si piazzò al terzo posto; la squadra magiara ottenne più medaglie d'oro (10) dell'Italia quarta con 22 totali (8 d'oro) e di Finlandia e Francia quinta e sesta entrambe con 19 (7 ori ciascuna).

Nell'atletica la Germania ottenne diversi podi ma pochi ori, ma il protagonista assoluto dell'edizione berlinese dei giochi fu l'americano Jesse Owens, la cui vicenda rimarrà per sempre nella storia di questa manifestazione.

Questo 23enne ragazzo di colore dell'Alabama era esploso l'anno precedente nel Michigan, ad Ann Arbor, facendo registrare ben 4 record mondiali.

A Berlino Owens incantò tutti: tutti tranne Hitler.

Il Fuhrer infatti preferì abbandonare lo stadio piuttosto che veder premiato un'atleta di colore.

E' proprio questo episodio che rende Owens un personaggio leggendario: in pista e in pedana l'americano dominò nelle gare simbolo dei Giochi, facendosi beffe delle tesi razziste di Hitler, della tanto decantata superiorità della razza ariana e degli avversari tedeschi.

vedi film: "Race-Il colore della vittoria" 2016

   

   I Giochi di Berlino si svolsero con ordinaria regolarità, senza particolari contestazioni o brogli sportivi e con più di quattro milioni di biglietti venduti. Furono anche le ultime olimpiadi prima del secondo conflitto mondiale e le ultime andate in scena davanti agli occhi del barone De Coubertin, che morirà l’anno seguente.

Per riparlare di Olimpiadi bisognerà attendere 12 anni.

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Monaco 1972

L’attacco allo sport del terrorismo palestinese.

   Sono passati 47 anni da quel giorno di settembre in cui il terrorismo si impadronì anche dello sport, insanguinandone la liturgia più alta e nobile: quella dei giochi olimpici. La XX olimpiade si era aperta a Monaco di Baviera il 26 agosto 1972, per concludersi l’11 settembre (che diverrà un’altra data di lutto). Un commando palestinese dell’organizzazione “Settembre Nero” penetrò nel villaggio olimpico riuscendo, dopo ore di estenuanti trattative ed un tentativo di liberazione da parte della polizia tedesca, a sterminare 11 atleti israeliani.

  L’ideazione di questo atto criminale e dimostrativo ebbe origine a Roma il 15 luglio 1972, quando due alti esponenti di Al Fatah, Mohammed Daoud Oudeh, conosciuto come Abu Daoud, e Salah Khalaf, conosciuto come Abu Iyad, si incontrarono al tavolo di un bar di Piazza della Rotonda con Abu Mohammed, dirigente di "Settembre Nero" che, l’8 maggio dello stesso anno, aveva dirottato senza successo un aereo belga in volo da Vienna a Tel Aviv, perdendo tutti i propri uomini.

   La volontà di riscattarsi, di porre la questione palestinese all’attenzione del mondo ed il rifiuto del Cio (Comitato Olimpico Internazionale) di ammettere una delegazione palestinese ai giochi, spinsero alla scelta di Monaco come teatro di una nuova azione spettacolare. La preparazione del piano fu meticolosa, così come il reclutamento degli uomini, selezionati a Chatila ed addestrati in Libia.

   Arrivati in Germania a coppie, come i futuri dirottatori dell’11 settembre 2001 si mimetizzarono tra la gente comune, assistettero ad alcune gare, fecero i turisti. Penetrarono agevolmente nel villaggio olimpico, approfittando anche dello scarso livello di sicurezza, effetto della particolare situazione dell’allora Germania Ovest. La Repubblica Federale Tedesca, a nemmeno 30 anni dalla disastrosa sconfitta del Terzo Reich, voleva allontanare gli spettri di Monaco ’36, evitando le militarizzazioni hitleriane e la presenza invasiva della polizia.

   I fedayn fecero irruzione in piena notte. Nella violentissima colluttazione che scaturì dalla reazione israeliana furono uccisi subito due atleti: Moshe Weinberg e Yossef Romano. La tragica notizia si diffuse subito per tutto il villaggio ma, vergognosamente, nessuno sospese le gare. I tedeschi assemblarono un'unità di crisi composta dal capo della polizia di Monaco, Manfred Schreiber, dal ministro federale degli Interni, Hans-Dietrich Genscher, e dal ministro degli Interni della Baviera, Bruno Merk. Il cancelliere federale, Willy Brandt, contattò immediatamente il primo ministro israeliano, Golda Meir, per rendere note le richieste dei terroristi e cercare una soluzione al caso. La posizione del governo di Israele fu fermissima: nessuna concessione al ricatto dei terroristi. Dopo ore di infruttuose trattative ed ipotesi di liberazione fu deciso di trasferire gli ostaggi per tentare di liberarli in aeroporto. Giunti all’aeroporto una lunga serie di negligenze ed errori di valutazione portarono alla morte di tutti i 9 ostaggi superstiti, di 5 terroristi e di un poliziotto tedesco.

   All’1:30 del 6 settembre 1972 tutto era tragicamente concluso.

 

   Il Governo di Gerusalemme, in risposta al massacro, intraprese una rappresaglia non convenzionale, condotta in tutta Europa dal Mossad per eliminare fisicamente i responsabili coinvolti nella strage, rievocata magistralmente da Steven Spielberg nel suo "Munik".

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Atlanta 1996

Vantaggi e svantaggi di un’Olimpiade “sponsorizzata”

   Ci sono tanti motivi per ricordare le Olimpiadi 1996 di Atlanta, ma uno degli aspetti più positivi dei Giochi del centenario è stato l’elevato numero di record.

 

   Con i Giochi di Atlanta, le Olimpiadi hanno celebrato il loro centenario con un’edizione che è stata tra le più criticate nella storia della manifestazione. Le critiche sono cominciate fin dal giorno dell’assegnazione delle Olimpiadi alla città americana, in quanto molti “romantici” avrebbero preferito che il centenario dei Giochi si celebrasse ad Atene, la città che aveva ospitato la prima edizione nel 1896. Le critiche proseguirono durante le Olimpiadi e riguardarono soprattutto la massiccia presenza degli sponsor, - Coca Cola in testa -che secondo alcuni avrebbe inquinato lo spirito olimpico, ma senza i quali i Giochi probabilmente non si sarebbero svolti. Così come era avvenuto per Los Angeles 1984, infatti, il Comitato Organizzatore si affidò quasi interamente ai fondi degli sponsor per la realizzazione degli impianti sportivi, lasciando alle casse pubbliche il miglioramento e la realizzazione delle infrastrutture, una soluzione che permise di organizzare le Olimpiadi senza dover far pesare eccessivamente i costi sui contribuenti. Malgrado le critiche e un attentato terroristico, i Giochi di Atlanta da un punto di vista sportivo vengono ricordati positivamente per l’alto numero di Paesi partecipanti e i tanti record registrati.

Altri approfondimenti li trovate qui.


i giochi paralimpici


Giochi Paralimpici, o Paralimpiadi, sono l’equivalente dei Giochi olimpici per atleti con disabilità fisiche. Pensati come Olimpiadi parallele, prendono il nome proprio dalla fusione del prefisso "para" con la parola Olimpiade e i suoi derivati.

In Italia sono tuttora chiamati anche Giochi Paraolimpici o Paraolimpiadi, che fu il termine usato ufficialmente fino al 2004.

La legge n. 189 del 15 luglio 2003 “Norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili” designa la Federazione Italiana Sport Disabili come Comitato italiano paraolimpico (CIP) e usa termini quali attività paraolimpica e Paraolimpiadi.

Anche il successivo decreto di attuazione, pubblicato il 5 maggio 2004 sulla Gazzetta Ufficiale, mantiene la stessa terminologia.

Con il decreto di approvazione dello statuto del CIP del 17 dicembre 2004 anche la normativa italiana recepisce la denominazione Comitato Italiano Paralimpico. 

L’IMPORTANZA DELLE PARALIMPIADI

Quando arriva l’anno delle Olimpiadi, sportivi e non si radunano davanti agli schermi per osservare gli atleti della propria nazione e non competere nelle diverse discipline.

Questi uomini e queste donne che per anni si allenano per disputare poche gare dove si combatte per un posto sul podio possono essere considerati il cuore pulsante e vivente dello sport.

Gli atleti passano davvero quelle che per alcuni possono essere considerate le pene dell’inferno: diete, allenamenti giornalieri, trattamenti fisici e spesso anche recuperi da infortuni che possono essere determinanti per la loro carriera.

La medaglia d’oro è il sogno al quale ognuno di loro anela ed è per la loro carica agonistica che le Olimpiadi risultano essere la competizione sportiva più entusiasmante al mondo.

LE OLIMPIADI DEI GIGANTI

In realtà alle Olimpiadi partecipano anche delle persone che senza nulla togliere agli atleti di cui si è parlato sopra, sono forse ancora più straordinarie.

Sono persone che per nascita o per sfortunati incidenti sono portatori di disabilità fisiche che gareggiano comunque alle Olimpiadi, in una manifestazione sportiva non meno importante chiamata Paralimpiadi.

Purtroppo non sono in molti a seguire questi atleti assolutamente straordinari, perché a volte i palinsesti televisivi propongono davvero poco e preferiscono concentrarsi sulle Olimpiadi sia per l’interesse pubblico che ovviamente per gli indici d’ascolto.

In realtà le Paralimpiadi sono appassionanti e non dovrebbero essere ignorate, visto che la carica, la voglia e l’energia degli atleti paralimpici è incredibilmente coinvolgente, specialmente se si pensa al fatto che questi atleti fanno esattamente gli stessi allenamenti, trattamenti e diete dei colleghi che partecipano alle Olimpiadi.

A livello sociale è assolutamente necessario dare più visibilità a questa manifestazione, gli atleti paralimpici possono essere considerati dei veri e propri giganti tra gli uomini e basta provare a guardare una qualsiasi gara per capire lo sforzo e la passione che traspira da ogni gesto atletico.

 UNA FONTE DI ISPIRAZIONE PER TUTTI

Per gli spettatori che come gli atleti hanno disabilità fisica, questa manifestazione diventa un vero momento di ispirazione, una carica di coraggio e di forza per affrontare la vita che purtroppo ha già affibbiato loro un duro colpo.

E le Paralimpiadi possono essere un incredibile spunto di riflessione per tutti gli altri “fortunati” che non hanno problemi di questo tipo e che magari non fanno altro che lamentarsi dei loro problemi mondani, ingrandendoli a dismisura senza capire che in realtà sono spesso cose da poco.

Spesso nella vita basta solo impegnarsi per riuscire a fare cose incredibili, per poter sbloccare il potenziale nascosto dentro di noi.

Le Paralimpiadi sono fonte di grande ispirazione per tutti e dovrebbero avere la stessa attenzione delle Olimpiadi perché a questi atleti deve essere data la stessa visibilità dei loro colleghi.

In un prossimo futuro sarebbe molto bello se entrambe le manifestazioni ottenessero la stessa importanza, in modo da convincere i media a rivolgere lo sguardo anche verso i giganti che partecipano alle Paralimpiadi.


Ecco qui alcuni video che testimoniano la straordinarietà degli atleti paralimpici:

"YES, WE CAN" realizzato in occasione delle Paralimpiadi dei Rio de Janeiro in Brasile nel 2016.

"IL SITTING VOLLEY" la pallavolo adattata agli atleti amputati che sta riscuotendo grande successo in Italia e all'estero.

"VENGO ANCH'IO...NO, TU NO" un video che descrive in maniera divertente e ironica le problematiche che affronta quotidianamente un ragazzo costretto sulla sedia a rotelle, a causa delle barriere architettoniche presenti nelle nostre città.